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Marketers e sviluppatori siete pronti per la SEO in app?

Che ingrato compito quello di essere un marketer digitale. Proprio quando pensavate di poter prendere una pausa dai vostri sforzi per l’ottimizzazione SEO, Google all’improvviso rimescola il mazzo ancora una volta e cambia nuovamente le regole della SEO. Questa volta chi ne fa le spese in particolare è il settore mobile, la proliferazione di dispositivi mobili ha infatti creato una vera e propria profusione di applicazioni con schemi di programmazione unici e che necessitano nuovi approcci per la ricerca, l’indicizzazione e di conseguenza la SEO. Le nuove tecniche come il “deep linking” e l’indicizzazione delle app stanno già cominciando a modificare radicalmente il panorama SEO tradizionale. Dimenticate la link building, nel breve periodo è necessario capire come navigare dentro uno strano nuovo mondo di API d’indicizzazione e filtri delle app, un ecosistema alieno in cui gli URL vengono sostituiti dagli URI e il deep linking significa sempre di più. Benvenuti nel nuovo mondo dell’ in-app SEO.

Ancora non ci siamo

Nonostante la promessa di nuove tecniche come il deep linking in app e l’indicizzazione delle app, che insieme vengono incontro all’utente finale per facilitarne la ricerca, siamo ancora in una posizione incerta e le sfide non mancano.

Il primo ostacolo è stato eliminato alla fine del 2013, quando Google ha iniziato l’indicizzazione del contenuto deep-linked nelle applicazioni Android installate dall’utente sul dispositivo. Da Aprile di quest’anno, Google ha fatto un altro passo in avanti e ha iniziato a mostrare risultati di ricerca provenienti da applicazioni Android non ancora installate dagli utenti nei loro smartphones, una funzionalità che il leader delle ricerche ha recentemente implementato anche per gli utenti di Apple iOS. Google attualmente per consentire alle sue API di effettuare la ricerca dei contenuti in-app, richiede agli sviluppatori delle applicazioni di pubblicare un sito web che colleghi il contenuto all’interno l’applicazione mobile. Non è un grande passo, ma di sicuro è l’inizio di una strada verso l’integrazione della ricerca in-app.

Un altro problema che ostacola lo sviluppo di un sistema d’indicizzazione naturale dei contenuti in app è rappresentato dalla modalità in cui le applicazioni s’interfacciano con i browser mobile. In questo momento, quando si visita una pagina web, il vostro browser la scarica temporaneamente sul tuo computer per poterla renderizzare. Lo stesso discorso vale con le applicazioni mobile. Questo crea un fattore di per sé limitante nella ricerca in-app,sopratutto per quanto riguarda la ricerca all’interno delle applicazioni che gli utenti non hanno ancora scaricato.

Agawi, qualcuno la conosce?

Con una mossa che riflette il desiderio di Mountain View di affrontare la questione delle dimensioni dei file web da renderizzare, Google l’anno scorso ha segretamente acquisito una startup mobile chiamata Agawi. L’azienda in questione ha sviluppato una tecnologia per utilizzare in streaming i contenuti delle applicazioni mobile senza doverle prima scaricare.

In sostanza la tecnologia sviluppata da Agawi invece di impacchettare un app mobile in un unico pesante file, divide gli dell’applicazione in più parti fruibili singolarmente in streaming mentre il file intero viene scaricato. Il sistema sviluppato da Agawi tra l’altro è attualmente utilizzato per servire l’advertising in-app dentro i giochi. Non c’è bisogno di essere un ingegnere aerospaziale per capire come Google possa implementare questa tecnologia per potenziare la ricerca in-app.

Visto che abbiamo parlato dei limiti attuali della ricerca in app è arrivato il momento di analizzare da cosa viene resa possibile la ricerca in-app.

App Indexing

Visto che le app mobile non usano i tradizionali hyperlinks, gli ingegneri di Google hanno ben pensato di creare un modo differente per trovare i contenuti in-app. Dopo accurate ricerche hanno deciso che la migliore soluzione era creare delle API di App Indexing (API è l’abbreviazione di “application performance interface”. È un insieme di regole, protocolli e tools per l’implementazione di alcune funzioni all’interno del software. In breve le API sono dei “plug-in” che consentono agli sviluppatori di sfruttare le funzioni di un altra applicazione.). Le App Indexing API di Google permettono quindi agli sviluppatori di segnalare a Google i deep link dei contenuti della propria applicazione. Contenuti che così facendo potranno essere visualizzati agli utenti che faranno una ricerca inerente su Google search.

Google nel suo developers forum ha spiegato così l’app indexing:

“App Indexing, ti aiuta a migliorare l’engagement degli utenti della tua app e aumenta il numero di installazioni direttamente da Google search. Questo vuol dire che un utente mobile che ha installato la tua app potrà accedere ai contenuti della tua applicazione direttamente dai risultati di Google search, mentre gli utenti che non avranno ancora installato la tua applicazione, tramite i risultati di Google search avranno la possibilità di farlo.”

In un articolo di “Search Engine Watch”, il SEO insider Dan Cristo ha analizzato attentamente come funziona il processo di App Indexing:

“…Le Mobile App Indexing API di Google, funzionano molto diversamente a seconda di come gli sviluppatori comunichino a Google i contenuti della loro applicazione (deep-link) e un URL per raggiungere il contenuto correlato su un sito web. Così facendo i risultati di Google search daranno agli utenti la possibilità di visualizzare i contenuti in questione sul web o direttamente all’interno dell’app indicizzata”.

Dallo stesso articolo, ecco come Dan Cristo ipotizza l’impatto dell’App Indexing all’interno della SEO:

“Credo che le App Indexing API di Google cambieranno quello che è la SEO delle app al giorno d’oggi e il modo in cui si sta evolvendo. Invece di ottimizzare il titolo e la descrizione di un app pubblicata e catalogata all’interno del suo store, adesso tutto sarà orientato all’ottimizzazione del contenuto della app stessa. È come se fosse stato premuto un gigantesco pulsante di reset SEO e Google abbia cominciato ad indicizzare da zero analizzando questa volta degli specifici fattori in-app. Questo vuol dire che serviranno nuove tattiche, metriche, tools, e reports. In sintesi è l’inizio di una nuova SEO “.

Questo sorridente video proveniente dal Google’s Developer’s Blog spiega chiaramente i benefici/necessità dell’app indexing; sottolinea pure il fatto che in un web sempre più mobile tecniche come l’app indexing e il deep linking porteranno i contenuti delle app a dominare i risultati di ricerca mobile di Google.

il video dura meno di 4 minuti e vi suggerisco di guardarlo.

Importante tanto quanto l’app indexing, per il corretto sviluppo della in-app SEO c’è il secondo step di questo processo diviso in due fasi. Perché se prima abbiamo parlato dell’indicizzazione dei contenuti delle app, adesso è necessario vedere come i risultati di Google search vengano collegati ad essi. Ecco dove entra in gioco il deep linking.

Deep Linking

Anche se il termine può sembrare esotico in realtà il deep linking non è una novità. In realtà la maggior parte di noi ha già abbastanza familiarità con la variante web più comune, ovvero l’hyperlink di collegamento all’interno di un sito o il link che collega ad un contenuto esterno indicizzato tramite un URL e ricercabile da un motore di ricerca. Per citare un esempio questo link all’articolo Wikipedia sul Deep Linking non è altro che un deep link web-based.

Lavorando con la stessa filosofia, un deep link mobile (aka mobile app deep link o app deep link) non porta l’utente verso un app specifica, ma piuttosto dentro un area ben definita all’interno dell’app stessa. Il mobile deep link pertanto fà riferimento ad un URI (Uniform Resource Indicator) piuttosto che al classico URL (Uniform Resource Locator). In altre parole l’URL di un sito web è una forma più comune di URI; in ogni caso ai fini di quest’articolo diciamo solo che l’URI rappresenta per le app quello che l’URL rappresenta per i siti Web.

A differenza del World Wide Web, dove viene usata la tecnologia HTTP che consente il deep linking di default, abilitare l’utilizzo dei deep link verso le app mobile da smartphone richiede l’utilizzo di specifiche tecnologie di gestione degli URI che sono diverse a secondo del sistema operativo in uso.  Ad esempio, Android lavora attraverso Intents, i dispositivi iOS funzionano con il metodo openURI, BlackBerry 10 con BB10 invocation frameworks, ecc. Come potete vedere, attualmente il panorama delle tecnologie utilizzate per la gestione degli app deep link è estremamente frammentato.

Rilevanza a livello Marketing

L’importanza degli app deep link per le aziende che possiedono un applicazione mobile è palese. Tali aziende possono utilizzare i deep links per coinvolgere in modo più efficace i potenziali clienti, fornendo ai prospects (potenziali clienti) al momento giusto il contenuto che stanno cercando, migliorando così l’esperienza utente, accelerando il processo di vendita e incentivando la fedeltà verso il brand. Tutto questo funziona ancora meglio per le società di e-commerce che possiedono un app, specialmente quando il deep linking è utilizzato in contemporanea con una strategia di mobile search/display advertising. In pratica, ci dispiace per i SEO ma è arrivato il momento di ottimizzare i deep link e predisporre i contenuto delle vostre app alla ricerca mobile.

Applicazioni native: conquisteranno il mondo?

In un suo articolo pubblicato sul WSJ, qualche anno fa l’esperto di tecnologia Marc Andreessen afferma come le mosse fatte dalle aziende leader del settore tecnologico HP e Google per abbracciare il mondo del software mobile dimostrano che le applicazioni stanno piano piano divorando il mondo del web. La scelta di Google di condurre una promozione così aggressiva dei mobile deep link va proprio verso la strada dell’annullamento dei servizi web based a favore di un mondo fatto di app interconnesse tra loro. Anche l’acquisizione da parte di Mountain View della startup Agawi, conferma la teoria che le applicazioni native conquisteranno il mondo, seguendo questo ragionamento è facile prevedere come i servizi browser based presto scompariranno per lasciare il posto alle app native interconnesse tra loro.

A questa conclusione c’è pure arrivata Apple che con la sua nuova ricerca spotlight di iOS 9 basata sugli app deep link minaccia da vicino il modello di business di Google, in una visione d’insieme sempre meno browser based Google ha solo da perdere perché se il futuro del mobile web sarà sempre più segnato dalle app interconnesse e dalle ricerche all’interno dei loro contenuti è facile intuire come Google perda gran parte della sua utilità.

Certo con 800 miliardi di siti indicizzati che forniscono ogni giorno triliardi di pagine come risultati a infinite query di ricerca è difficile pensare che un servizio come quello offerto da Google svanisca nel nulla a favore delle ricerche basate sugli app deep link. Infatti un altra corrente di pensiero afferma che la decisione da parte del gigante delle ricerche di acquistare la nascente società Agawi sia in realtà un modo per incentivare l’uso della ricerca mobile web based piuttosto che quella in-app.

Da entrambe le prospettive però il problema per i SEO, i marketers e le aziende rimane invariato. L’ottimizzazione SEO delle proprie app è inevitabile ed impellente.

La domanda si pone anche nello scenario Italiano che di certo non brilla per tempestività nell’adattarsi a questi repentini cambiamenti, molti esperti e molte società di consulenza SEO infatti non riescono spesso a tenere il passo con i cambiamenti dettati da Google e pertanto deludono il cliente e non portano i risultati sperati.

Questo specialmente per le grandi aziende può rappresentare un’importante minaccia al proprio business che a causa di una cattiva SEO delle proprie app possono vedere diminuire traffico e vendite.

Attualmente trovare una società in grado di ottimizzare in breve tempo le applicazioni mobile di un azienda e renderle pronte a quest’impellente rivoluzione è alquanto difficile.

Noi di TalentGo, offriamo un servizio di consulenza SEO totalmente orientato al mobile, all’app indexing e all’ottimizzazione dei deep link per tutti i sistemi operativi. Ottimizzazione che viene completata da avanzatissimi servizi di crowdtesting (test in crowdsource, ovvero effettuati su migliaia di dispositivi) strutturati tramite una piattaforma totalmente configurabile (Crowdsourcing White Label).

Oh, Tempi duri si avvicinano per i digital Marketer.

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